mercoledì 25 novembre 2009

Seconda puntata: Shukran

Riassunto delle puntate precedenti: 33 d.C.: Gesù muore e si reincarna nel 1985 in Christoph Zoder, un tizio tedesco che un giorno piglia e va in Siria. Due amici suoi vanno a rendergli omaggio portando ricchi doni.

Per soddisfare la curiosità dei più piccini, vi racconto come si caga in Siria (o, per lo meno, a casa di Zoder): il sistema di tubature non è fatto per ospitare carta igienica, dunque vi è un apposito cesto dell’immondizia a fianco al water in cui gettarla per non rischiare di intasare tutto. Inutile dire che l’abitudine a volte gioca brutti scherzi e che uno spaghetto può tornare molto utile in certi casi (ma solo se non si spezza).

Per avere l’acqua calda bisogna attendere una mezz’oretta e per la doccia si usano bacinelle. Ciò, in aggiunta al polveroso paesaggio esterno, dona al tutto un’atmosfera da dopoguerra italiano che è di ispirazione per Alessandro ad andare in giro per il quartiere a scattare quel tipo di foto documentaristiche che in seguito si guardano solo di sfuggita.
Ma ecco che viene ricondotto all’ordine da un losco figuro che lo costringe a cancellare gli scatti. Sul momento Alessandro non capisce una fava ma, come Zoder spiegherà, si trattava di uno spione del regime baathista che voleva impedire che si mostrasse all’estero una cattiva immagine del paese.
C’è da dire che ci troviamo in uno stato in cui il governo sulla carta è repubblicano, ma nei fatti vige la dittatura, i veri oppositori politici sono imbavagliati e il popolo semianalfabeta è narcotizzato dalla tv spazzatura. Ma adesso basta parlare dell'Italia e torniamo alla Siria.

Qui i dissidenti subiscono duri trattamenti, perciò, più per rimanere tranquilli che per reale adorazione, l’immagine del Presidente è esposta praticamente in tutti i negozi. Quelli politici costituiscono la stragrande maggioranza dei reati, crimini come furti e rapine, anche per motivi culturali, sono inesistenti.
In ogni caso il popolo siriano è proverbialmente generoso e ospitale, specialmente con i turisti (o meglio, con i loro danari).

Dopo una notte passata su dei letti che ancora non hanno conosciuto l’affascinante tecnologia del materasso, veniamo ancora una volta invitati dalla famiglia Hilane, stavolta a pranzo (e qui vanno in fumo le mie residue speranze di non contrarre malattie fulminanti). Gli Hilane sono al gran completo, come si confà alle grandi occasioni, con tanto di vecchio saggio capofamiglia.
Certo, passare dal panuozzo da Mascolo al tabouleh a Damasco avrebbe potuto rivelarsi traumatico per me, ma iniziamo a mangiare polpette di carne in verità davvero gustose, se non fosse per il fatto che le si condisce con varie salsine tutte poste in appositi vassoietti da cui tutti attingono, incrementando esponenzialmente le possibilità di contagio epatitico.

Nel corso di tutto il pranzo, mentre la tv trasmette un trashissimo film bollywoodiano, molto apprezzato dai membri della famiglia, io e Alessandro ci limitiamo a pronunciare la parola “shukran” (“grazie”) indistintamente per qualsiasi cosa, mentre per il resto delle comunicazioni è Zoder che funge da interprete/balia. Ero quasi riuscito per tutto il tempo ad evitare il tabouleh (orrido mix di prezzemolo tritato e pomodori), ma alla fine sono costretto a capitolare e mangiarmene un bel piattone cercando a malapena di governare i muscoli del volto che esprimono lo schifo.
Allo stesso modo non posso rifiutare una tazza da un litro del caffè più ributtante mai assaggiato (il problema di fondo è l’acqua che usano, aveva lo stesso retrogusto di culo del tè del giorno prima). Ultimi dieci shukran prima di abbandonare il desco e metterci in viaggio alla volta di Maaloula. L’avventura, così come il lentissimo processo digestivo, può avere inizio.

2 commenti:

  1. Vorrei sottolineare che mentre io ero per strada circondato dai loschi figuri che mi spiegavano chissà cosa in una lingua sconosciuta e Adriano era sulla porta in attesa che la situazione degenerasse, Zoder era tranquillamente in bagno a farsi la barba...

    E comunque nel tabouleh io i pomodori non me li ricordo. C'era solo un mare di prezzemolo tritato, affogato in un oceano di acqua.

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  2. Adriano, la prossima volta vorrò essere lì con te a degustare indigesti piatti folkloristici.

    Mirko,
    quello Cetra.

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