giovedì 26 novembre 2009

Prima puntata: arrivo a Kashkul

Contravvenendo alla legge che prevede che ogni napoletano abbia l’obbligo di andare in vacanza o a Mykonos o a Ibiza, la meta prescelta dal sottoscritto per la primavera 2009 è stata, come ormai tutti sanno, Damasco, Siria. Ecco il resoconto esclusivo e senza censure di quei 5 giorni trascorsi nella culla della civiltà.


Nonostante le dure reazioni in famiglia in seguito all’annuncio di tale scellerato viaggio (“E là cosa ti mangi?”), un bel dì di marzo raccolgo in un fagotto i miei modesti effetti personali (tra cui due set di pigiami e la mia collezione di cerbottane da combattimento) e mi reco a Milano a bordo del carro bestiame Trenitalia. Lì mi attende l’ottimo compagno di viaggio Alessandro Bontempi, commosso dai miei rutti che gli ricordano i bei tempi parigini. Ma non c’è spazio per l’agrodolce nostalgia del passato, è tempo di aggiungere nuovo materiale alle future biografie ufficiali, quindi paghiamo le escort e ci mettiamo a letto in vista della partenza l’indomani.


Il mattino dopo ci attendono due aerei che ci condurranno tra le braccia del divin Zoder®. Perché è proprio lui che stiamo andando a trovare, lui, il Marco Polo della Renania, il Robinson Crusoe ispano-teutonico, il Magellano di [ho esaurito le parafrasi] che ha deciso di imparare l’arabo sul campo, mandando affanculo tutto e tutti e andando a immergersi anima e corpo nella cultura mediorientale per 9 mesi.

Sul volo per Istanbul, dove è previsto lo scalo, ci viene servita un’ottima colazione, impreziosita dalle violente turbolenze che scuotono il velivolo fino all’atterraggio.


Faccio incetta di acqua potabile, distribuita da Turkish Airlines in pratiche confezioni globulari, col proposito di utilizzarla durante il soggiorno siriano per le funzioni primarie (sete, denti, bidet), dal momento che prima della partenza non avevo assunto vaccini di alcun tipo (proposito che decadrà la sera stessa, quando trangugerò un bicchierone di frullato di fragole e mango acquistato in una sordida bottega per strada con assoluta noncuranza igienico-sanitaria). Come vedremo, invece, Alessandro, pur vaccinatosi contro ogni malattia citata nelle enciclopedie, sarà costretto a cedere al più comune dei morbi che affliggono i viaggiatori.


Zoder ci attende benevolo all’esterno del fatiscente aeroporto di Damasco. Dopo i baci e abbracci di rito, ci scorta nel centro cittadino su un autobus con a bordo, tra gli altri, un insettaccio gigantesco entrato dal finestrino che mi causa sconforto e turbamento nella mia iniziale mezz’ora in Siria.

Mettiamo finalmente piede a Kashkul, quartiere di Damasco in cui risiede il magistrale Zoder e veniamo investiti prima da un odore di spezie e terra battuta e poi quasi da un taxi in corsa. La prima cosa che si nota è proprio l’abnorme presenza di taxi nel traffico: pochi hanno i soldi per acquistare un’auto e ci si sposta in questo modo o con i minibus, vecchi furgoncini riadattati al trasporto pubblico. Costo di una corsa: 70 lire siriane (10 centesimi di euro).


Il codice della strada è qui un’utopia e gli autisti ne sopperiscono l’assenza con un ossessivo uso del clacson. Le macchine sfrecciano a velocità illimitata, anche quando, nei punti più impervi, si trovano costrette a fare lo slalom tra le rocce. Come conseguenza di ciò, in due-tre occasioni ho sfiorato la morte vera e propria nel tentativo di attraversare la strada. Buio totale, attimo di indecisione, perdo il tempo giusto, gli altri due hanno già attraversato da un pezzo e mi deridono, e io fermo in mezzo alla carreggiata che rivedo davanti agli occhi immagini di quand’ero piccino mentre uno STRONZO a tutta velocità tenta di frenare a modo suo, ovvero suonando il clacson. Mi salvo, ma solo grazie alle abilità acquisite giocando da piccolo a Super Mario.


Zoder è ospitato dalla famiglia Hilane, che vive al piano di sopra e gli mette a disposizione l’appartamentino sottostante. Come guadagna da vivere il signor Hilane? Esatto, fa il tassinaro. Ma solo quando gli gira: la fonte di reddito principale della famiglia è proprio l’affitto elargito da Christoph Zoder. Scopo ultimo di Hilane è, difatti, quello di dargli in sposa una delle due figliolette gemelle di 10 anni che scendono a intrattenerlo durante il giorno. Proprio le due gemelline ci danno il benvenuto, non prima di aver spiato la situazione come accade tipicamente quando ti atterra un ufo in salotto.


Io e Alessandro porgiamo loro i nostri doni e Zoder ci preannuncia che saremo invitati di sopra a bere qualcosa. Ed è proprio così: la signora Hilane ci ha preparato del tè e ci attende. Io, che volevo evitare di bere acqua locale, bestemmio Allah in sordina. Rifiutare, mi spiega Zoder, sarebbe stato un insulto gravissimo verso quella ciaciona della signora (non distante come aspetto e ospitalità dalle tradizionali mamme napoletane). Risultato: bevo. Il sapore della bevanda (bollentissima) si trasforma dal tè al culo nel giro 3 secondi.

2 commenti:

  1. Ma il primo giorno, dopo che avevamo mancato di rispetto alla famiglia duecento volte in due secondi (salendo sul tappeto con le scarpe, stringendo la mano alla mamma, salutando prima i figli del padre, ecc ecc), la dolce signora Hilane non ci aveva dato il benvenuto con gli 8kg di budino che non sapevamo più come finire?

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  2. ho preferito bypassare il crème caramel e i suoi effetti

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